Se guardiamo uno spartito e osserviamo quelle “cigliegine”
che si chiamano note, a volte a grappolo, come si può immaginare che quei
frutti su quel pentagramma, diano tanta felicità in chi le suona e in chi le
ascolta !
Ora, soffiando sulla polvere che ricopriva quella copertina
del manoscritto, si leggeva bene il nome : Alba Barozzi, atto I, Paolo Giorza, su una specie
di libro quaderno foderato all'antica
Il mio entusiasmo prendeva maggiormente tendenza, quando, dopo
tanti anni di abbandono in un cassetto, veniva alla luce, un inedito musicale, magari per avere una
rapprentazione in un famoso teatro del mondo, oltre cento anni dopo, quale
riscoperta mondiale di un ritrovamento storico !
Qui davanti, scorro le paginone per orchestra di quell’
opera, l’Alba Barozzi dei miei progetti, la risoluzione del più grande sogno nel
cassetto, rinchiuso in quella custodia
plasticata che lo ha avvolto nella polvere per tanto tempo…
Come un antico castellano che conserva le cose di valore, mi
sembrava di rivivere la scoperta di un manoscritto che, forse, poteva essere il
sogno di un compositore, il suo canto del cigno, quasi un Mahler od uno
Schubert nell '‘ ispirazione delle loro sinfonie incompiute !!!
Mi pareva quasi di essere divenuto l’anima del Giorza,
trasmessami come per incanto divino, quasi ne fossi divenuto l'esecutore
testamentario del proprio desiderio inappagato...
Mi accorgevo che era giunto il momento di rispolverare quel
tesoro manoscritto e, davanti alla monumentale opera che mi trovavo fra le
mani, ne intravvedevo già la rappresentazione sulle scene...
In quella platee teatrali, corredate dagli storici palchi
della Scala o del Metropolitan, magari nell’ Opera House di Sidney, ascoltare
quel dipinto di note tradotto in delizia sonora, con un direttore d’ orchestra
famoso, in quel buio silenzioso della sala, dirigere la massa orchestrale con
notevole maestria…
Il primo atto, già quasi tutto orchestrato nei lontani anni
del fine ottocento, mi trasmetteva un’emozione impagabile, un risveglio di
un’epoca lontana, ma sempre presente...
Fra gli strumenti di quell’ inizio, si potevano leggere le
scritte: soprano, contralto, tenore, basso, poi il coro, la campana, l’insieme
dei violini primi e secondi, in un’assonanza meravigliosa !!!
Mi pareva di rivivere la gioia che un archeologo prova nella scoperta del ritrovamento di un reperto in uno scavo, forse interpretavo l’anima ed il pensiero di un Toscanini al completamento dell’opera Nerone del Boito !
Penso, nella mia poca conoscenza, che l’orchestrazione magari è da rivedere e completare (gioia immensa per un musicista), quasi un Alfano al completamento dell’opera Turandot del grande Puccini ...
La parte vocale, mi sembra bella ed entusiasmante, e,
corredata da una giusta orchestrazione (magari anche moderna), produrrebbe, all’ascolto in una grande
sala teatrale, un’esplosione musicale inebriante, capace di donarci la
sensazione della febbre dei 42 ° gradi (quei famosi brividi che ci danno la
gioia)
Stavo vivendo un momento di magìa o era quasi una realtà,
per modo che vedevo trasformarsi quel fiume di note in una consolidata apoteosi
sonora, quasi una glorificazione di un lavoro che avera richiesto un lungo
tempo per essere compiuto ?
Sfogliando quei paginoni, ripieni di pezzi solistici e
corali così ben congegnati, mi facevano rivivere compositori come Schubert che
erano capaci di orchestrare direttamente i loro capolavori in modo diretto,
magari in un bosco, all’ ombra di un albero all'inizio della primavera, dove le
varie fioriture sfoggiano un multicromatismo di una bellezza così completa da
rimanere estasiati…
Ma forse e, questo non potevo ancora saperlo, avevo davanti ai miei occhi meravigliati un
poema incompiuto come la famosa sinfonia di Schubert , terminata da Henri Ryder
nel 1928, in ricorrenza del primo centenario della morte del grande compositore
austriaco ?
Presumibilmente, era la decima sinfonia di Mahler, e, perché
no, la Turandot del grande Puccini, quando, nell’esecuzione scaligera del 1926,
sotto la bacchetta di Toscanini, l’orchestra fu fermata nel punto in cui il
grande musicista lucchese abbandonò l’opera ?
Non ero per caso davanti ad un pezzo verdiano rinvenuto a
sant’ Agata di Busseto, nel famoso baule di manoscritti di Giuseppe Verdi,
quale scrigno e tesoro delle fantasie incompiute di quel grande musicista ?
No, non ero d’ innanzi al ritrovamento di uno scrigno da
galeone spagnolo ritrovato nei fondali marini del mar caraibico, ma avevo
comunque ricuperato un tesoro della
genialità umana, con riferimenti storici armonizzati…
Era giunto il momento di darlo alle stampe e illuminare,
nonché rinverdire la figura di un compositore milanese che era emigrato, aveva
riscosso successi mondiali e, prima di ritirarsi in quella lontana Seattle,
sulla riva dell' oceano Pacifico, aveva pensato di musicare il trecento
veneziano
Il nostro Risorgimento a lui doveva la vittoria di Magenta,
nel lontano 1859, che, con la famosa canzone “la bella Gigogin”, esaltò le
truppe franco-piemontesi che sconfissero gli austriaci liberando il nostro
paese dal giogo dell’ oppressore, contribuendo alla fondazione del Regno d’
Italia !
dalla collezione musica e spartiti di Carlo Lamberti